Breve storia geologica della Sicilia

sicilia

Premessa

La Sicilia è un'isola contraddistinta da una straordinaria “geodiversità”, con una complessa storia geologica che si rispecchia nella grande varietà di rocce - sedimentarie, magmatiche e metamorfiche - che qui affiorano e la cui genesi abbraccia un intervallo temporale che va dal Paleozoico fino al Pleistocene, una storia quindi di circa 300 milioni di anni.

Le rocce di origine sedimentaria sono presenti in gran parte della Sicilia e diffuse in particolare nella parte settentrionale dell’Isola (Monti di Trapani e Palermo, Madonie e Nebrodi), nella parte centrale (Monti Sicani), nella parte meridionale (sedimenti della Fossa di Caltanissetta) e nella parte sud-orientale (Altopiano Ibleo). Le rocce di origine magmatica sono localizzate nella parte orientale della Sicilia, in corrispondenza di apparati vulcanici quali l’Etna, il più grande vulcano attivo d’Europa, e le Isole Eolie; rocce vulcaniche sono presenti anche a Ustica e a Pantelleria, strutture vulcaniche ormai spente. Infine, le rocce di origine metamorfica sono presenti nella parte nord-orientale della Sicilia in corrispondenza dei Monti Peloritani.

Durante la sua lunga storia geologica la Sicilia è stata interessata da immani sconvolgimenti che hanno determinato la struttura e la forma che noi oggi conosciamo. Volendo sintetizzare al massimo, tra le tappe più importanti dell'evoluzione geologica della Sicilia ricordiamo la fase orogenetica miocenica, che ha portato alla messa in posto dei gruppi montuosi della Sicilia, la formazione dei depositi evaporitici nel Messiniano con il loro successivo sollevamento, e la recente fase vulcanica Etnea.

scala geologica

Paleozoico e Mesozoico

Le rocce e i sedimenti che oggi troviamo in giro per la Sicilia sono molto antichi dei primi corrugamenti e si sono formati in ambienti molto diversi da quelli attuali.

Le rocce più antiche che possiamo trovare in Sicilia sono quelle che affiorano nelle vicinanze del paese di Palazzo Adriano (PA) in quella che viene chiamata Valle del fiume Sosio. La cosiddetta Pietra di Salomone, nei Monti Sicani, è un grande blocco calcareo che racchiude ricche testimonianze fossili del periodo Permiano (circa 300 milioni di anni fa) e caratteristiche, in origine, di un ambiente di transizione tra scogliere di mare basso e un profondo bacino di mare aperto.

Risalendo nella scala geocronologica, un altro importante affioramento è quello di Pizzo Di Sant’Otiero, sulle Madonie, che testimonia la presenza di sedimenti di mare profondo risalenti al Ladinico (Triassico Medio, circa 230 milioni di anni fa) depostisi tra la Piattaforma carbonatica Panormide e il bacino Imerese.

A partire dal Triassico Superiore la storia geologica della Sicilia si caratterizza per una certa stabilità negli ambienti di formazione delle rocce, con un’alternanza di piattaforme carbonatiche e bacini più o meno profondi. Cretacico e Giurassico sono due Periodi caratterizzati da un clima molto diverso da quello attuale. La presenza di temperature più elevate ha fatto si che, tra la fine del Triassico e per buona parte del Mesozoico, si creassero le condizioni idonee per la formazione di lagune e barriere tipiche di ambiente tropicale. Il regime climatico caldo umido favoriva la proliferazione di organismi tipici di mare caldo quali coralli, grandi molluschi bivalvi, spugne ed alghe. Le testimonianze di queste antiche “Bahamas” siciliane si hanno soprattutto nei Monti di Palermo (Cozzo di Lupo) e nelle Madonie (Pizzo Carbonara, Piano Battaglia), ma anche in altre parti della Sicilia quali ad esempio Monte Kumeta, Rocca Busambra, Monte San Calogero (Sciacca) e nell'area montuosa compresa tra San Vito lo Capo e Castellammare del Golfo.

Tra queste piattaforme si estendevano profondi bacini in cui la sedimentazione era caratterizzata da fini melme di mare profondo e dove oggi non è difficile trovare fossili di bivalvi pelagici o di ammoniti. Queste rocce affiorano nel settore meridionale dei monti di Palermo, nei Monti di Termini Imerese, a Monte dei Cervi (Madonie) e nei Monti Sicani.

Verso la fine del Giurassico, forse a causa dello sprofondamento delle aree marginali del Mar della Tetide, si ha un progressivo annegamento delle piattaforme carbonatiche. Su di esse, complice una scarsa produzione di carbonato di calcio, si ha la lenta deposizione di sedimenti caratterizzati dalla colorazione rossastra e dall'abbondante presenza di Ammoniti. Questa particolare roccia, oggi conosciuta con il nome di “Rosso Ammonitico”, è osservabile a Rocca chi Parra (Calatafimi), Monte Kumeta, Monte Bonifato (Alcamo), Rocca Busambra (Corleone) e Monte Magaggiaro (Menfi).

Nel Cretacico, gran parte delle aree in cui si formavano le rocce siciliane era in condizioni di mare profondo con formazione di calcari finissimi con noduli di selce tipici della “Scaglia”. Una vasta area era però ancora occupata da un’ampia piattaforma in condizioni di mare basso (Piattaforma Carbonatica Panormide). La Piattaforma Carbonatica Panormide era, in quel periodo, molto estesa ed era contraddistinta dalla presenza di estese scogliere a Rudiste, molluschi bivalvi a forma di cono che vivevano infissi nel sedimento. Oggi è possibile vedere resti di queste splendide scogliere fossili a Monte Pellegrino.

Schema strutturale semplificato della Sicilia (mod. da Di Stefano et. al., 2002)

Cenozoico

A partire dalla fine del Cretacico (circa 65 milioni di anni fa) e per diversi milioni di anni, si assiste allo scontro tra le due grandi masse continentali di Gondwana a sud e della Laurasia a nord che darà origine al sollevamento della catena Alpino-Himalayana. Anche l’area che oggi è occupata dalla Sicilia è coinvolta in questo processo compressivo con il graduale sollevamento dell’ossatura montuosa dell’Isola. I monti che in Sicilia si estendono dai Peloritani fino alle Isole Egadi sono la prosecuzione degli Appennini, e costituiscono il loro collegamento con le catene montuose del Nord Africa dando luogo, nel complesso, alla cosiddetta catena Appennino-Maghrebide.

Il sollevamento della catena ha implicato delle notevoli trasformazioni nei settori che fino a quel momento erano stati esclusivamente marini. Dopo alcuni milioni di anni, infatti, la Sicilia era costituita da un’alternanza di isole e isolette e si formavano dei particolari sedimenti costituiti da argille e quarzareniti provenienti dalla disgregazione della catena in formazione, oggi affioranti in Sicilia con il nome di Flysch Numidico.

Un’altra conseguenza dello scontro tra Africa ed Europa fu la chiusura dello stretto di Gibilterra, un evento che circa 6 milioni di anni fa causò l’isolamento del Mar Mediterraneo dall’Oceano Atlantico. Per quasi un milione di anni il Mar Mediterraneo, avendo limitatissimi apporti di acqua, cominciò lentamente a evaporare con la conseguente deposizione sul fondo dei sali in esso disciolti. Questo periodo, noto in geologia con il termine di "Crisi di salinità del Messiniano" è testimoniato, soprattutto nella parte centro-meridionale della Sicilia, da caratteristici sedimenti di origine chimica che costituiscono nel complesso la cosiddetta Serie Gessoso-Solfifera. Questa è rappresentata da un insieme di rocce molto particolari tra cui il Tripoli, un sedimento pre-evaporitico costituito da una bianca marna a diatomee (alghe unicellulari planctoniche) con abbondanti resti di pesci, il Calcare di Base, roccia madre dello zolfo, i gessi, il salgemma e, per ultimi, i sali potassici.

I gessi sono visibili in spettacolari affioramenti in tutta la Sicilia Meridionale, ad esempio lungo la statale Palermo-Agrigento in località Passo Fonduto nei pressi di Campofranco.

I sali potassici sono attualmente estratti in diverse miniere: tra queste c’è quella di Realmonte (AG) al cui interno è possibile vedere strati di sale fortemente ripiegati e un’imponente cattedrale ricavata scolpendo nella roccia statue e suppellettili.

Circa 5,3 milioni di anni fa si ristabilirono le comunicazioni tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Atlantico che permisero così il ritorno a condizioni marine normali. La testimonianza di questo evento fu la deposizione nel Pliocene inferiore di sedimenti marnosi di colore bianco con foraminiferi planctonici (Globigerine). Essi sono conosciuti con il nome di Trubi e il loro affioramento più noto e spettacolare si trova presso Scala dei Turchi nei pressi di Realmonte (AG).

Già alla fine del Pliocene la Sicilia è quasi del tutto emersa e comincia ad assumere una forma simile a quella attuale. Manca ancora un'importante struttura che comincia a formarsi circa 570.000 anni fa: l’Etna. Il processo che ha portato l’Etna ad essere il più grande e più attivo vulcano d’Europa è stato lento e graduale, con eruzioni esplosive alternate a fasi effusive che permettono di classificarlo come uno strato-vulcano.

Nel Pleistocene Medio, la Sicilia ha ormai assunto la forma che oggi conosciamo. I resti fossili risalenti a questo periodo testimoniano, invece, importanti differenze faunistiche rispetto ad oggi, anche a causa delle grandi variazioni climatiche che caratterizzano il Pleistocene Medio-Superiore e l'Olocene (le ben note Ere Glaciali). Sono state identificate, infatti, diverse associazioni faunistiche caratterizzate dalla presenza di animali oggi estinti in Sicilia quali elefanti, leoni, ippopotami, bisonti, iene, orsi e altri mammiferi. A causa del prolungato isolamento con il continente europeo, molti di essi sono caratterizzati da una forte riduzione di taglia, soprattutto gli elefanti, mentre altri come le tartarughe e i micromammiferi, si contraddistinguono per le grandi dimensioni. Resti di queste faune sono stati ritrovati in diverse località e grotte dell'Isola, come quelle dei Puntali e Carburangeli, nel palermitano, o Spinagallo, nel siracusano.

I resti di queste faune sono esposti in diversi musei italiani; tra questi il Museo G.G. Gemmellaro di Palermo ne conserva una importante collezione.

L’ultimo ad arrivare nella lunghissima storia della Sicilia è l’uomo. Le prime testimonianze risalgono a circa 14.000 anni fa con Thea, la prima donna siciliana, ritrovata nella grotta di San Teodoro vicino Acquedolci (ME) e oggi conservata all’interno del Museo Geologico G.G. Gemmellaro di Palermo.

Carta Geologica della Sicilia, scala 1:250.000 (Lentini & Carbone, 2014)